Gli ori di Taranto: un tuffo nella bellezza della Magna Grecia


Gli Ori di Taranto: la raffinatissima oreficeria tarantina 

Al Museo Archeologico Nazionale di Taranto possiamo ammirare un diadema in oro e pietre dure, riccamente decorato con motivi vegetali, un elaboratissimo orecchino a navicella decorato con motivi fitomorfi e figure alate in filigrana,  un’elegante teca a forma di conchiglia con al centro la figura di una Nereide che cavalca un cavallo marino. E poi ricercatissimi braccialetti, collane, anelli, pendenti, sigilli, monili. Sono i cosiddetti "ori di Taranto", raccolta di arte orafa di età ellenistica (IV-II secolo avanti Cristo) conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Taranto che agli ori ha dedicato un’apposita sala. A quel tempo, Taranto e dintorni erano al centro di un “distretto dell’oreficeria”: la produzione di oggetti preziosi era molto diffusa e le botteghe, attingendo con tutta probabilità a fonti d’ispirazione provenienti dalla Grecia, si tramandavano le tecniche di lavorazione di generazione in generazione (anche se non ci sono rimasti i nomi degli artigiani).

 Il fatto che gran parte di questi ori siano stati ritrovati nelle necropoli ci dimostra che essi non venivano solo ostentati in vita dai proprietari (essendo lavori di eccezionale raffinatezza, erano pur sempre articoli di lusso), ma venivano anche inclusi nelle loro sepolture, dal momento che la condizione del defunto doveva esprimersi anche nell’aldilà. Gli ori divennero dunque una caratteristica distintiva delle sepolture aristocratiche. I corredi funerari, che arricchivano soprattutto le sepolture femminili, erano sempre corredati di ori e gioielli. Oggetti che, come detto, avevano diffuso a Taranto modelli greci: le decorazioni naturalistiche, l’uso di smalti, il gusto stesso per la decorazione erano elementi legati a quanto, negli stessi periodi, si produceva in Grecia. La maggior parte degli ori di Taranto era lavorata a filigrana: alla superficie metallica venivano applicati, tramite saldatura, sottili fili d’oro che andavano a comporre una raffinata tramatura che formava la decorazione dell’oggetto.

Sono caratteristici della produzione tarantina, per esempio, i diademi in lamina d’oro sottile stampati con motivi a foglie (che potevano essere di quercia, di alloro, di ulivo, di edera o di altre piante). 

Eccezionale è il "diadema fiorito" proveniente dalla “tomba degli Ori di Canosa”, ritrovato negli anni Venti del Novecento e risalente alla metà del III secolo avanti Cristo, in oro, perle, smalto, paste vitree e pietre semipreziose (o “pietre dure”: si tratta soprattutto di corniola e granati), che veniva indossata sul capo (una cerniera permetteva di regolarne l’ampiezza) e legata con un nastro. L’opera colpisce soprattutto per la ricca decorazione (più di centocinquanta fiori), per la  varietà di colori e di forme e la particolarità che gli elementi non sono saldati, ma sono inseriti a incastro perché la composizione potesse essere modificata.


Liberamente adattato da

 https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/ori-di-taranto







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