Gioielleria fenicia: misteriosa e modernissima

   Parlare dei rapporti fra i mercanti fenici e le comunità del Mediterraneo Occidentale comporta un’esposizione di cronologie, di spazi geografici, di modelli d’insediamento. L’epoca in questione inizia all’alba del Primo Millennio a.C. e si conclude intorno al 600 a.C. Le aree interessate comprendono Malta, la Sicilia nord-occidentale, la Sardegna, il Nordafrica e la Spagna.

   Secondo una leggenda tramandata da Plinio il Vecchio, gli scopritori del vetro sarebbero stati proprio i Fenici. Essi per caso una notte avrebbero lasciato a bruciare sulla spiaggia del fiume Belo alcuni blocchi di salnitro per trovare, la mattina seguente, una nuova materia brillante e trasparente al posto della sabbia. Questa, dunque, sarebbe stata l’origine del vetro, presto screditata da autori più recenti: i reperti archeologici dimostrano che il vetro era conosciuto ed utilizzato durante l’età del bronzo, tra il 3500 a.C. e il 1200 a.C.

   Inventori del vetro o no, i fenici ne furono sicuramente grandi esportatori: avevano già fondato alla fine dell’VIII secolo varie colonie sulle coste del Mediterraneo (specialmente in Sardegna e Sicilia) presso le quali diffusero la loro vasta e preziosa produzione di monili in oro, avorio, ambra e, naturalmente, vetro.
   L’artigianato fenicio era di altissima qualità: padroneggiavano le tecniche dello sbalzo, della fusione, della granulazione, della filigrana e dell’incisione, secondo una tradizione orafa che si sviluppò almeno dal II millennio a.C. in poi nell’area siro-palestinese. Crearono una vera e propria produzione in serie di raffinati gioielli e pregiati tessuti.

   Le fonti sulla civiltà fenicia scarseggiano, ma i gioielli riportati alla luce dagli scavi, specialmente da Tharros in Sardegna, testimoniano la perizia nella lavorazione dei metalli, con granulazione, filigrana e sbalzo, delle paste vitree e delle pietre dure (ametiste, corniole, cristalli di rocca e turchesi). Lo stile risente molto dell’influenza egiziana, infatti sono stati ritrovati bracciali ed anelli con scarabei o castoni fissi e mobili con funzione di sigillo,  pendenti raffiguranti il dio-falcone Horo o la croce ansata della dea Tanit, ma anche medaglioni con funzione di amuleto, indossati per annullare o prevenire il malocchio, come antidoto contro il veleno o come simbolo di protezione. 

   Molto diffusi, in tutta l’area mediterranea, erano gli orecchini con pendente “a cestello” che rappresenta il cesto colmo, simbolo di abbondanza.
Oltre a questi esemplari in metallo prezioso, sono state ritrovate parecchie collane in pasta vitrea con pendenti a forma di testa umana tridimensionale
   Molto diffuse erano anche le perle in vetro con decorazione “a pettine” ma soprattutto quelle “ad occhio”, di diverse forme e colori, prodotte fino al periodo islamico e bizantino e si ottenevano, probabilmente, con il metodo “a fornaciaia”, che consisteva nel prelevare il vetro fuso necessario alla realizzazione di una perla direttamente dal crogiolo mediante un’asta di ferro.
   Non sembrano tutti gioielli che farebbero una splendida figura nelle vetrine di qualche boutique contemporanea? Gli antichi avevano uno stile decisamente inimitabile!

Liberamente adattato da vari siti internet






Commenti

Post più popolari